Mons. Antonio Serra

 

“Ho compreso che anche i migliori propositi, i progetti più ardui devono rientrare nel circuito della volontà di Dio: dobbiamo invocare la grazia di accettare ciò che Lui dispone per la nostra vita, per la sua Chiesa, senza recriminare nulla per noi stessi, senza rinunciare alle nostre buone disposizioni e ai grandi ideali, senza mai arrenderci né abbatterci. Dalle grandi prove possiamo sperare di uscire, con il suoi aiuto, persone migliori!”

Antonio Serra nasce a Torre del Greco il 24 settembre 1967.

Cresce all’ombra di un campanile insieme ai suoi coetanei, nella parrocchia Maria SS. della Salute.

Si distingue per la sua semplicità ed il suo sorriso accogliente; amante della vita e degli animali, è sempre pronto al gioco ed allo scherzo.

Antonio entra in seminario all’età di 19 anni; la sua vocazione è la prima che fiorisce dopo 33 anni di silenzio nella comunità , dove, suo mentore, è il parroco Mons. Lopreiato.

Compie i suoi studi accademici presso la Pontificia Facoltà di Teologia sez. San Tommaso D’Aquino.

Dopo il Baccalaureato su Psicologia e Teologia nell’Antropologia della vocazione cristiana, conseguito il 9/10/1991, prosegue gli studi di specializzazione in Pastorale Giovanile e Catechetica presso la Pontificia Università 13183204_10208401854437366_622988302_nSalesiana dove, dal ’91 al ’94, consegue la Licenza in Catechetica.

Nell’ottobre del 1991, all’inizio del suo diaconato, giunge alla Chiesa Immacolata Concezione (comunemente detta dei “Ferrovieri”).

Poco più che ventenne si trova ad affrontare e superare i primi ostacoli per inserirsi nella comunità, dove, con il suo grande entusiasmo, riesce a portare una ventata di nuovo.

Il 10 maggio 1992, all’età di 25 anni, viene ordinato sacerdote a Napoli ed assegnato alla Chiesa Immacolata Concezione a Portici, come viceparroco.

Instancabile nell’impegno e nella programmazione pastorale, avvicina bambini, giovani e meno giovani alla vita di comunità parrocchiale, mostrando un carisma straordinario.

Nascono molte attività dedicate ai giovani, come il teatro e i gruppi d’incontro, attraverso i quali si affrontano tematiche giovanili; si organizzano spesso convivenze con la partecipazione di altre parrocchie di Portici.

          Dal 1994 al 1998 è animatore al seminario Maggiore Alessio Ascalesi.

          Dal 1994 al 2007 è vicedirettore dell’Ufficio catechistico diocesano di Napoli.

          Dal 1998 al 2007 è parroco a Portici,  nella parrocchia Immacolata Concezione.

Lungo il suo cammino sacerdotale trasmette l’importanza del valore di amicizia umana e spirituale, sostiene ed accompagna la nascita di molte vocazioni e fa della comunità parrocchiale una “palestra” della fede.

In questi anni con caparbietà e tenacia ottiene la costruzione di un parco pubblico per i bambini, chiamato parco Giovanni Paolo II, sito vicino alla parrocchia.

          Dal 1998 al 2006 insegna alla Facoltà Teologica.

          Dal 2000 al 2007 è incaricato regionale per la catechesi e membro della consulta dell’ufficio catechistico nazionale della CEI.

          Il 20 ottobre 2004 consegue il Dottorato in Teologia Pastorale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale sez. S. Tommaso, con il titolo: Il catechismo parrocchiale a Napoli 1928 – 1940.

          Il primo luglio 2007, a soli 40 anni, viene nominato Rettore del Seminario Arcivescovile di Napoli.

          In seguito viene nominato Rettore del Seminario Ascalesi di Napoli sino giugno 2014.

          Da luglio 2014 viene chiamato alla guida della parrocchia  Santa Maria Apparente a Napoli.

 Arrivando, gli si presenta davanti una sola realtà, quella di una comunità parrocchiale che da trent’anni sceglie di seguire il cammino neocatecumenale.

Nel periodo estivo s’impegna a preparare tutto in tempo per iniziare dal primo settembre il suo nuovo percorso sacerdotale.

Parte da zero e nel costruire i rapporti con le persone, svela il suo grande carisma, che insieme ad un forte spirito di accoglienza, riavvicina tanti, soprattutto giovani, sulla strada del Signore: ognuno si sente accolto e ascoltato, sostenuto ed incoraggiato.

Spalanca le porte e la parrocchia si riempie di vita.

Con la sua inesauribile energia e forza di volontà fa nascere tante attività: il dopo-scuola, i gruppi d’incontro dedicati ad adolescenti e giovani, ma anche a giovani famiglie che camminando insieme si confrontano sull’esperienza di vita e di fede; incoraggia la nascita di un coro parrocchiale che cresce sempre di più e dà piu spazio all’animazione durante la messa dei bambini; crea il servizio segreteria e riattiva la Caritas, l’ACR e l’oratorio.

Sui muri della parrocchia fa dipingere alcune frasi dove le parole comunione e condivisione sono i mattoni su cui poggia la sua idea di parrocchia o meglio, secondo una sua espressione, la “parrocchia che ho nel cuore”.

Dopo pochissime settimane dalla Santa Pasqua della Resurrezione, don Antonio Serra, all’età di 47 anni, nasce al Cielo la mattina del 30 Aprile 2015.

Il valore della prova e il sostegno della fede nella mia vita sacerdotale

 Casavatore (Na), 9 gennaio 2014 – Cenacolo dei presbiteri focolarini

 L’esperienza personale

Il mio percorso di vita è stato segnato, ad un certo punto, da una rara e improvvisa malattia auto-immune; mi sono fatto tante domande, alcune delle quali mi hanno anche destabilizzato non poco. Ho trovato, però, diverse risposte nelle parole di questo piccolo libro: Il mestiere di uomo, di Alexandre Jollien, quasi come se dopo l’evento devastante mi fosse stata data la possibilità di rilanciare la mia vita interiore, dando ulteriormente un senso cristiano al disagio per le difficoltà incontrate, alla sofferenza, alla paura del peggio. Alcune frasi del testo le ho sentite particolarmente vicine, come se parlassero di me, dandomi forza e traducendo in un linguaggio universale la condizione che stavo vivendo.

  1. Di fronte alla stranezza della mia condizione dovevo attrezzarmi… Mettermi in cammino: ecco quello che esige l’insostenibile precarietà del mio essere.
  2. Le avversità incontrate costituiscono così un terreno sul quale viene edificata l’esistenza. Infatti, «…tutti quelli che hanno dovuto soffrire a causa degli altri diventano spesso osservatori migliori rispetto a quelli la cui personalità si sviluppa senza questo sforzo d’attenzione» (Pierre Feyereisen, medico etologo). Chi fin dalla nascita cammina a fianco della sofferenza, affronta l’esistenza provvisto di un benefico realismo.
  3. Ho cominciato a trasformare l’onnipresente precarietà del mio stato in una sorgente, in un pungolo. La debolezza, questa fedele compagna, assumeva una nuova condizione… Insomma cercavo di assumerla…; una volta stabilita questa curiosa constatazione, poteva avere inizio la sua rischiosa conquista… nella libertà e nella gioia.
  4. Lottare contro il male e approfittare di ogni istante per progredire… Quando si acconsente a lottare con il quotidiano, si finisce inevitabilmente per spogliarsi: l’essenziale richiede una sorta di ascesi di ogni istante. Chi lotta nel quotidiano sviluppa poco alla volta la facoltà di prevenire i colpi e, spesso, si prepara al peggio.
  5. L’algodicea è innanzitutto l’esigente esperienza che la prova che mi opprime non mi annienterà. Sono tenuto a opporle una resistenza, a proseguire ad ogni costo l’esercizio della mia libertà, a non lasciarmi vincere per conservare la mia gioia come un’arma indispensabile… Che delicata prodezza per chi è colpito da una malattia o per chi attraversa la propria esistenza senza l’appoggio di nessuno. Come praticare l’algodicea, come dare senso alla sofferenza? I deboli manifestano che trarre profitto dalla sofferenza è innanzitutto approfittare, beneficiare della vita, celebrare ciò che ne costituisce il prezzo.
  6. Ci sono persone che cercano di opporre al male una risposta invidiabile… Ciò che colpisce è il loro realismo; lungi dal fuggire nell’illusione: bisogna affrontare la realtà, giorno dopo giorno, con umiltà e umorismo. La gioia, infatti, annuncia sempre che la vita l’ha spuntata, che ha conquistato terreno, che ha ottenuto una vittoria.
  7. Gran bel mestiere d’uomo: devo essere capace di combattere gioiosamente senza mai perdere di vista la mia vulnerabilità né l’estrema precarietà della mia condizione. Devo inventare ciascuno dei miei passi e, forte della mia debolezza, fare di tutto per trovare le risorse per una lotta che mi supera senza per questo annientarmi. «Gli animi valgono per quel che esigono. Valgo ciò che voglio» (Paul Valèry). La volontà tiene la rotta, dà la forza per mettere a punto nuove strategie, in breve impedisce di abdicare. Senza di lei, né battaglia né vittoria: questo è poco ma sicuro.

La fede ne è uscita irrobustita; uno slogan paolino mi ha accompagnato: tutto posso in Colui che mi dà forza

(Fil 4,14),  ho vissuto così un’esperienza concreta di abbandono fiducioso nelle mani di Dio; la devozione alla Vergine Maria è cresciuta tantissimo; lo svolgimento del ministero presbiterale è stato terapeutico: ho sostenuto con grande serenità la fatica delle responsabilità, sperimentando la sovrabbondanza della grazia. Spero che la sofferenza e il disagio, offerti al Signore per i nostri seminaristi, siano motivo di una rinnovata fecondità missionaria a servizio della nostra amata Chiesa napoletana.

     Di cuore, d. Antonio Serra

SITO INTERNET: http://padreantonioserra.jimdo.com/

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